Seleziona la tua lingua

INFORIM

Edizione Nr.16 del 07/09/21


Con
Ordinanza n. 16975 del 16.06.2021 (in allegato), la Cassazione ha ribadito che, nell’ambito dei contratti d’appalto, la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava anche sul committente se egli interviene nella gestione dei rifiuti affidata all’appaltatore e indipendentemente dalle previsioni di uno specifico accordo tra le parti.

L’Ordinanza in oggetto, richiamando la sentenza n. 39952/2019 dello stesso Giudice, ha ribadito che il trasferimento degli obblighi in materia di rifiuti, nell'ambito di un contratto di appalto, non possa comportare il venir meno della responsabilità del produttore degli stessi e che essa, pur gravando in generale sull'appaltatore ed esecutore dei lavori, ben può essere condivisa, nel caso di concorso, con il committente che partecipa direttamente alla condotta illecita.

In applicazione di tale orientamento, la Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal legale rappresentante di un'impresa contro alcune sanzioni amministrative irrogate dalla Regione Toscana per l'omesso versamento della tassa per il conferimento in discarica dei rifiuti in relazione a due discariche abusive. Avendo infatti indicato all'appaltatore dei lavori il luogo – di cui aveva la disponibilità, pur non essendone proprietario – dove smaltire il materiale scavato, il committente dei lavori edili ha concorso nella realizzazione dell'illecito.

L’ordinanza n. 16975 va ad inserirsi nel solco giuridico tracciato in precedenza da altre due importanti sentenze, alle quali si rimanda per ulteriori approfondimenti:

  1. la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III, del 13 gennaio 2020 n. 847, con la quale si esprime il concetto che in caso di appalto (o subappalto) il committente, che mantiene il controllo del lavoro sull’appaltatore e diventa “garante” e responsabile della successiva gestione del rifiuto, diviene quindi il “produttore giuridico” dei rifiuti, ovvero, a differenza del produttore materiale, il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile la produzione dei rifiuti (anche ai sensi dell’art. 183, comma 1 lettera f) del Dlgs 152/2006).

Da qui secondo la Corte, nel caso in cui l’appaltatore sia il mero esecutore dell’opera commissionata dal committente e quest’ultimo resti il supervisore che dovrà gestire lo smaltimento dei rifiuti, si erge una responsabilità che presuppone obblighi giuridici posti a tutela del bene protetto della cui osservanza deve essere chiamato a rispondere. Per questo la Cassazione penale addiviene alla conclusione che il titolare del fondo che non ricopre una posizione di garanzia può comunque rispondere a titolo di concorso del reato di realizzazione di discarica abusiva di cui all’art. 256, c. 3, d.lgs. 152/2006 nel caso in cui sia consapevole di collaborare con il proprio contegno omissivo al fatto illecito altrui.

  1. La sentenza della Corte di Cassazione Sez. III n. 42788 del 21 novembre 2019, con la quale si rileva poi la responsabilità in cui incorrerebbe il detentore “qualora successivamente risulti che tale rifiuto è stato trattato come rifiuto non pericoloso, malgrado presentasse una o più caratteristiche di pericolo di cui all'allegato III della direttiva 2008/98”.

Tra i molteplici concetti che emergono del pronunciamento della Corte UE per chiarificare le posizioni di responsabilità condivisa (anche art. 178 del Dlgs 152/2006 dei soggetti via via coinvolti nel corso della gestione dei rifiuti si riportano per tutti il punto 44 A) e B):

A) È obbligo del produttore individuare il codice CER che compete al rifiuto, codice che accompagnerà il rifiuto per tutta la sua vita in tutte le operazioni che lo interesseranno fino allo smaltimento finale. Esso dovrà essere però noto e condiviso da tutti gli operatori che procederanno alla sua gestione e che assumeranno la qualifica di detentori nel corso delle operazioni di gestione di cui il rifiuto sarà oggetto e che per conoscerlo, confermarlo ed accettarlo dovranno rifarsi in prima istanza alle conoscenze fornite dal produttore, procedendo essi stessi se necessario ad accertare e confermare la sua composizione. È infatti obbligo anche del detentore del rifiuto classificato con codici speculari, nel caso in cui non sia immediatamente nota la sua composizione, di acquisire una conoscenza sufficiente così da utilizzare per tale rifiuto il codice appropriato

B) Le informazioni utili a determinare la composizione del rifiuto da classificare devono essere raccolte oltre che con i metodi indicati alla rubrica intitolata «Metodi di prova» di cui all’ Allegato III della direttiva 2008/98 anche facendo riferimento ad altre informazioni considerate utili per acquisire una conoscenza sufficiente della composizione del rifiuto. Fonti e informazione utili a questo fine, sono considerate: 1) informazioni sul processo chimico o sul processo di fabbricazione che «generano rifiuti» nonché sulle relative sostanze in ingresso e intermedie, inclusi i pareri di esperti; 2) informazioni fornite dal produttore originario della sostanza o dell’oggetto prima che questi diventassero rifiuti, ad esempio schede di dati di sicurezza, etichette del prodotto o schede di prodotto; 3) banche dati sulle analisi dei rifiuti disponibili a livello di Stati membri.

I Tecnici Orim rimangono a vostra completa disposizione per ogni necessità di chiarimento.

Ringraziando per l’attenzione porgiamo cordiali saluti.

ORIM S.p.A.

Ufficio Marketing & Comunicazione

Allegato: Ordinanza n. 16975 del 16.06.2021